fiori che cadono

venerdì 29 ottobre 2010

Novembre: Un mese dove processionalmente ci rechiamo a far visita ai nostri cari

Un mese dove processionalmente ci rechiamo a far visita ai nostri cari, a recitare una preghiera in più od assistere funzioni religiose al cimitero magari, “acquistando l’indulgenza”. Il ricordo dei morti è sempre stato caro, per questo la ricorrenza del 2 novembre è celebrazione di speranza e risurrezione, nella quale, in qualche modo, i nostri morti tornano nel mondo dei vivi, per ricordarci che dobbiamo tenere il piede sulla terra e il cuore nel cielo. Il loro ritorno tra i vivi avviene in un periodo dell’anno, l’autunno avanzato, nel quale anche la terra dorme e si prepara alla prossima primavera. Si potrebbe dire che la natura partecipa al nostro ricordo con la stessa nostra speranza.
Come viviamo quel giorno sacro? Come viviamo il mistero della morte? Oggi il secolarismo relativista ateo e laicista ha sminuito questa sacra festa religiosa trasformandola in squallida fiera consumistica lontana dalle nostre tradizioni cristiane, Halloween la chiamano, bambini che hanno perso la sacralità e la serietà della morte vista oggi come un carnevale. È vero che la festa è antica, qualcuno dice più del cattolicesimo, ma per i satanisti e le "streghe" halloween però non è uno scherzo.
Il 31 Ottobre è il giorno più importante dell'anno satanico - è conosciuto per essere il giorno del compleanno di lucifero - e segna anche il capodanno celtico. Era la fine dell'anno dei raccolti, marcava la transizione dall'estate all'inverno (la stagione della morte) ed è diventato il festival dell'aldilà che torna al di qua. In questo giorno, il dio Celtico Samhain (dio della morte) ha chiamato a se le anime defunte durante l'anno e le faceva reincarnare in animali destinati a vagare la terra e a tornare in visita alle loro case la notte del 31. Allo stesso tempo gli spiriti maligni erano lasciati liberi di vagare per le campagne ad infastidire i passanti e gli abitanti. Il cibo veniva lasciato in offerta sui balconi nella speranza che questi spiriti malvagi accogliessero l'offerta e passassero oltre. Il 31 Ottobre, i celti si aspettavano di essere tormentati dalle anime e dagli spiriti e demoni e non era un divertimento per loro. I druidi trascinavano la gente in cerimonie nelle quali cavalli, gatti, pecore nere, esseri umani e altre offerte erano raccolti, infilati in grandi gabbie di legno e bruciati vivi. La gente si vestiva con pelli e teste di animali e danzavano intorno al fuoco e questo veniva fatto per rabbonire Samhain e tenere lontano gli spiriti maligni. L'usanza delle maschere deriva anche dall'uso di indossare una specie di travestimento per nascondere la propria identità agli spiriti. Non è dunque chiaro che Halloween è sempre stata la celebrazione della morte? Oggi, i pochi lo sanno, ma adoratrici di satana, le così dette streghe (e non altri tipi di streghe che con robe sataniche non hanno nulla a che vedere) restano incinta appositamente per sacrificare poi il neonato in quella notte. non si parla di queste cose, perchè non fa fico e rovina la festa ma è così...e questo è solo UNO degli orrori di halloween.
A voi che siete in cerca della verità e del Vero vi invito alla preghiera, vi invito ad instaurare meglio il rapporto battesimale con Cristo Gesù, vi invito a conoscere meglio Dio. Se no, quale resurrezione alla nostra vita? Provate a pregare per i vostri cari con questa preghiera bizantina:

Dio degli spiriti e di ogni carne, che calpestasti la morte e annientasti il diavolo e la vita al tuo mondo donasti; tu stesso o Signore, dona all'anima del tuo servo N. defunto il riposo in un luogo luminoso, in un luogo verdeggiante, in un luogo di freschezza, donde sono lontani sofferenza, dolore e gemito. Quale Dio buono e benigno perdona ogni colpa da lui commessa con parola, con opera o con la mente; poiché non v'è uomo che viva e non pecchi; giacché tu solo sei senza peccato, e la tua giustizia è giustizia nei secoli e la tua parola è verità. Poiché tu sei la risurrezione, la vita e il riposo del tuo servo N. defunto, o Cristo nostro Dio, noi ti rendiamo gloria, assieme al Padre tuo unigenito, con il santissimo buono e vivificante tuo Spirito, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Riposino in pace. Amen.
Fra Vincenzo Boschetto
da Pillola per lo spirito www.novena.it


domenica 17 ottobre 2010

Le margherite, stelle della terra

Fu in una notte come tutte le altre, ma antica di molti milioni di anni, che le stelle sparirono dalla terra, per raggiungere il cielo. Perché, come narrano storie così vecchie che si è perso il ricordo di chi le narrava, c'è stato un tempo in cui le stelle vivevano sulla terra. Erano creature timide ed aggraziate, che vivevano a gruppi, sparse un po' dovunque, tenendosi ben nascoste agli occhi degli esseri umani. In quei tempi lontani, gli uomini avevano appena cominciato a popolare il pianeta, ed erano in pochi, e tuttavia a volte sufficienti per rompere i delicati equilibri che univano gli esseri viventi di tutto il creato. Si racconta che un gruppo di stelle avesse trovato rifugio proprio qui, nella valle del Sesia, perché qui c'era tutto quello che esse amavano: grandi montagne ricoperte di foreste e rapidi torrenti ed un fiume generoso a raccoglierli, dalle fresche veloci acque azzurre, glaciali di neve in primavera, allo sciogliersi dei vicini ghiacciai, rombante di acque scure di minacce antiche quanto il tempo nei periodi delle lunghe piogge, luccicante d'oro al sole d'estate, sempre comunque in corsa più in basso, verso un altro placido fiume che scorre tra rive ridenti, pronto a ricevere il fratello più inquieto. Nelle foreste più profonde, lontane dalle abitazioni degli uomini, le stelle spingevano nei torrenti rumorosi e limpidissimi gli alberi abbattuti nelle notti di tempesta dai fulmini loro amici, e poi liberati dai rami più ingombranti dai volenterosi castori, gli animaletti dei boschi coi quali le stelle amavano giocare. Alle stelle piaceva montare a cavalcioni di quelle imbarcazioni improvvisate, e poi lasciarsi trascinare dai tronchi che veloci le trasportavano a valle, mentre esse ridevano divertite per i grandi balzi lungo i rapidi torrenti bianchi di spuma. Cantavano poi dolcemente quando arrivavano al placido fiume che correva fuori dai monti, ed esse correvano con lui, sui comodi tronchi che ancora odoravano delle foreste lontane, accompagnate dal volo solenne degli aironi e dal chiacchierio delle famiglie dei dignitosi cormorani, incontrati lungo il cammino, e poi ancora più lontano, fino ad un altro fiume ancora più grande, dove l'impatto coi gabbiani bianchi, ubriachi di onde e di vento, annunciava la vicinanza del mare. Le stelle indossavano abiti di nuvole, e decorazioni scintillanti fatte dei denti affilati dei cinghiali che popolavano numerosi le foreste che coprivano le cime delle montagne, e di altrettanto scintillanti conchiglie, che il mare, ritraendosi dopo le tempeste, lasciava loro in dono lungo le rive. Avevano lunghi capelli leggeri di un bianco dorato, che rifulgevano al sole quando il vento si divertiva a giocare con quei fili sottili, e ridenti, luminosi occhi pronti al sorriso. Tutto quel fulgore di ornamenti e di bellissime chiome pulsava ritmico all'unisono, quando le stelle cantavano le loro canzoni, scivolando lungo il fiume. Era un'incredibile spettacolo di luce, di bellezza e di gioia, carico di musica struggente. E fu proprio dalla valle del Sesia che esse sparirono. Accadde così, in una notte che sapeva di magia. IL cielo tutto blu era fermo e compatto, come in attesa. Sarebbe stata buia la notte, perché in quei tempi prima del tempo, nemmeno la luna illuminava il cielo, ma la luce era data da tutto quello splendore di stelle, che scendevano placide cantando lungo il grande fiume. Un viandante che si era perso nella foresta vide quella luce scintillante, e sentì la dolce musica misteriosa. Divorato dalla curiosità, si avvicinò alla fonte della sua meraviglia e spiò, nascosto tra i rami degli alberi che crescevano lungo la riva. Lo spettacolo era di tale bellezza che l'uomo rimase quasi accecato dalla magnificenza di quanto scorreva sul fiume. Con l'avidità che è propria della sua razza, o forse soltanto per la gioia di tenerlo tra le mani, l'uomo d'impulso uscì dal suo nascondiglio e si precipitò verso tutto quello splendore, arrivando a sfiorare una delle imbarcazioni improvvisate, che però gli scivolò tra le dita. Terrorizzate, le fragili stelle fuggirono, chiamarono a raccolta le loro sorelle sparse per tutta la terra e si rifugiarono nel cielo, per non tornare mai più. IL loro scintillio glorioso è tuttora visibile dal nostro pianeta, ma gli uomini hanno perso per sempre il fascino struggente della loro musica. Lasciarono però, gentili com'erano, qualcosa al loro posto : le innumerevoli, graziose piccole margherite (dette anche pratoline) che a primavera ricoprono i prati a migliaia, rimaste a ricordare le stelle con il loro cuore colore di sole. Anche se è a primavera che esse cominciano a fiorire, è all'inizio dell'estate che ricoprono i prati con il loro candido e dorato splendore, tanto che un antico proverbio inglese recita: "Quando puoi posare il piede su sette margherite, allora è davvero arrivata l'estate". Curiosamente, il nome inglese delle margherite è "Daisy" e forse risale, senza saperlo, all' antichissima storia che vi ho raccontato: perché Daisy sta per "the day's eye" - "l'occhio del giorno" e infatti questi fiorellini si aprono alle prime luci e ripiegano i loro petali quando il sole tramonta, come se andassero a dormire. Si dice che taluna, approfittando del buio, se ne voli a popolare il cielo, e che qualche altra, malata di nostalgia, approfittando delle stesse tenebre, torni ogni tanto a profumare la terra. Senza nemmeno saperlo e pur avendo perso il ricordo di quella leggenda lontana, anche i giovani esseri umani sono tornati a percorrere quella che un tempo era una strada di stelle, e con le agili canoe e i coloratissimi Kayak cavalcano gioiosi le limpide acque del fiume, giocando tra loro, quest'anno, una sfida che ignorano essere antica quanto il tempo.
by Rossana
da:web

sabato 9 ottobre 2010

Dolcezza

si rincorrono
per viuzze ombrose;
s’incontrano gli echi
appassionati
di voci d’uomini carnosi
fanciulli navigati d’innocenza .
Il sole resta.
Cosparso sui tetti
spiega l'ombre regine
su viottoli a pietre vive;
e come è sera quell’imbrunire
assorto tra chiome stanche
accarezzate
da un’intuizione di quiète!
Le fisarmoniche
plasmano silenzi
fra tristi mani e mani
in cerca disegnate a rughe.
Io non penso
allo slancio di stelle
oltre le stelle, vedo sfuggirmi l’anima inerme
a una dolcezza di poche cose
dove l ‘armonia, timida,
fà gli occhi pensosi,
bimbi gli uomini,
uomini i bimbi !
Stefano Lovecchio
da
ARANDO IL CAOS
" Tutti i diritti riservati "
caprifoglio = Dolcezza d'animo

venerdì 8 ottobre 2010

8 ottobre

Come dimenticare quella notte di 15 anni fa? Quindici anni sono trascorsi e sembra solo ieri.
Quella telefonata a mezzanotte, la voce di Giampaolo, il vostro medico, che mi annuncia che tu non ci sei più. Solo la mattina avevo sentito la tua voce inconfondibile ed indimenticabile che mi assicurava che tu e mamma stavate bene e come sempre mi spronavi a stare tranquilla e di non preoccuparmi per voi.
No, non poteva essere, non ci credevo o non volevo credere che non avrei più potuto sentire la tua voce.
Siamo partiti R. A. ed io come automi e tu con la tua mano ci hai guidati perché il viaggio proseguisse bene. Eravamo ammutoliti tutt’e tre ed abbiamo percorso i 600 km che ci separavano senza una parola. Ogni tanto questo silenzio veniva interrotto dalla voce di mio marito che diceva: “Mamma deve assolutamente venire subito a Roma con noi, non possiamo lasciarla sola”.
Man mano che ci avvicinavamo a casa dentro di me dicevo che era stato un brutto sogno e che saresti stato sul terrazzo di casa ad aspettarci.
Siamo arrivati, abbiamo salito quei venti gradini, non mi sono mai sembrati così tanti e pesanti, e mi sono resa conto che non era stato un brutto sogno ma la semplice realtà ti aveva portato via da noi. Giampaolo mi disse che un collasso circolatorio ti aveva stroncato in dieci minuti. La morte dei giusti, dissi io, e solo questa era la morte che dovevi fare tu perché sei sempre stato giusto con tutti; con chi si comportava bene e con chi non lo faceva. Hai aiutato sempre tutti.
Strinsi i denti e mi costrinsi a non piangere, lo dovevo fare per mamma, per mio marito e per mio figlio. Mi resi conto che dovevo prendere il tuo posto, il posto di chi doveva dare coraggio a chi non lo aveva.
Tu lo sapevi papà che volevo piangere, avrei voluto gridare ma tu mi hai aiutato a non farlo per loro, per le persone che tu ed io amavamo tanto.
Il tuo fiore preferito era la “Violetta africana” e nel linguaggio dei fiori il suo significato è: “illumina il mio cammino”, perciò da lassù ti prego papà continua ad illuminare il mio cammino che come vedi in questo periodo è molto faticoso.
Papà sei sempre e
sempre resterai
nel mio cuore.

violetta africana

domenica 3 ottobre 2010

Grazie Mamma

perché mi hai dato
la tenerezza delle tue carezze,
il bacio della buona notte,
il tuo sorriso premuroso,
la dolce tua mano che mi dà sicurezza.
Hai asciugato in segreto le mie lacrime,
hai incoraggiato i miei passi,
hai corretto i miei errori,
hai protetto il mio cammino,
hai educato il mio spirito,
con saggezza e con amore
mi hai introdotto alla vita.
E mentre vegliavi con cura su di me
trovavi il tempo
per i mille lavori di casa.
Tu non hai mai pensato
di chiedere un grazie.
Grazie mamma.
Judith Bond
da:web
acetosella = gioia. tenerezza materna