fiori che cadono

mercoledì 30 giugno 2010

Fiori & Leggende

Giugno : il solstizio d'estate e le erbe di san Giovanni.

Al solstizio d'estate, quando il sole raggiunge la sua massima inclinazione positiva rispetto all'equatore celeste, per poi riprendere il cammino inverso, comincia l'estateTale giorno era considerato sacro nelle tradizioni precristiane ed ancora oggi viene celebrato dalla religiosità popolare con una festa che cade qualche giorno dopo il solstizio, il 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la natività di San Giovanni Battista. E nella festa di San Giovanni convergono i riti indoeuropei e celtici esaltanti i poteri della luce e del fuoco, delle acque e della terra feconda di erbe, di messi e di fiori.Tali riti antichi permangono, differenziandosi in varie forme, nell'arco di duemila anni, benché la Chiesa ostinatamente abbia tentato di sradicarli, o perlomeno di renderli meno incompatibili con la solennità e si esauriscono soltanto con la sistematica repressione dei governanti laici dell'Italia unita: nelle zone rurali si mantengono tuttavia i riti più semplici e naturali, propri della società contadina e pastorale.Tutte le leggende si basano su di un evento che accade nel cielo : il 24 giugno il sole, che ha appena superato il punto del solstizio, comincia a decrescere, sia pure impercettibilmente, sull'orizzonte : insomma, noi crediamo che cominci l'estate, ma in realtà, da quel momento in poi, il sole comincia a calare, per dissolversi, al fine della sua corsa verso il basso, nelle brume invernali. Sarà all'altro solstizio, quello invernale, che in realtà l'inverno, raggiunta la più lunga delle sue notti, comincerà a decrescere, per lasciar posto all'estate.E' così che avviene, da millenni, la corsa delle stagioni.Nella notte della vigilia di San Giovanni, la notte più breve dell'anno, in tutte le campagne del Nord Europa l'attesa del sorgere del sole era (è ?) propiziata dai falò accesi sulle colline e sui monti, poiché da sempre, con il fuoco, si mettono in fuga le tenebre con le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Attorno ai fuochi si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi : le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano nell'aria scura promesse d'amore e di fortuna, il Male si dissolveva sconfitto dalla stessa forza di cui subiva alla fine la condanna la feroce Erodiade, la regina maledetta che ebbe in dono il capo mozzo del Battista. Nella veglia, tra la notte e l'alba, i fiori bagnati di rugiada brillavano come segnali ; allo spuntar del sole si sceglievano e raccoglievano in mazzi per essere benedetti in chiesa dal sacerdote. Bagnarsi nella rugiada o lavarsene almeno gli occhi al ritorno della luce era per i fedeli cristiani un gesto di purificazione prima di partecipare ai riti in chiesa. La rugiada ricordava il battesimo impartito dal Battista nel Giordano, le erbe dei prati e dei boschi riproponevano l'austera penitenza di Giovanni nel deserto prima della sua missione di precursore del Messia. Anche in Valsesia ritroviamo l'usanza dei falò, del lavacro con la rugiada e della benedizione in chiesa del mazzo di erbe e di fiori. Conservate gelosamente in casa, portate all'alpeggio in estate - verso il quale da molti paesi si partiva la stesso giorno del 24 di giugno - le erbe benedette riconsacravano la baita di montagna lasciata l'anno prima mantenendo tra le famiglie dei pastori un legame con la sacralità della festa e del rito d'inizio d'estate. Al ritorno dall'alpe, quelle stesse erbe essiccate, unite ad un ramo di olivo e ad uno di ginepro, venivano bruciate nella stalla a protezione degli animali. Non a caso, dunque, il precursore di Cristo, rappresentato con l'Agnello mistico e vestito da eremita, pastore del deserto, fu assunto dai pastori come patrono privilegiato fino dai primi secoli cristiani.IL rito della benedizione dei "fiori di San Giovanni", erbe benefiche e medicine medievali per curare il corpo ed evitare il malocchio, per proteggere la casa e gli animali domestici era assai diffuso in Valsesia, fino a pochi decenni fa. Ma ancora adesso, a Rossa, piccolo paese della Val Sermenza, valle minore della Valsesia, il parroco di Boccioleto, Don Luigi, mi ha raccontato che i fedeli richiedono la preghiera "magica", quella che proteggerà dai mali i raccolti. E la richiederebbero anche ad Oro di Mezzo, frazione di Boccioleto, se non fosse che non ci sono più anime a popolare la piccola frazione. Tutti se ne sono andati, ormai. Rimangono le montagne, immobili, maestose, gravide di leggende di cui nessuno ricorda più la trama, e tanto meno il significato.E rimane, l'antica, suggestiva preghiera che un anno dopo l'altro, un secolo dopo l'altro, ha convinto di aiuto e pietà generazioni di donne e ancora adesso, in questo mondo impazzito, in un piccolo paese nascosto tra le montagne, raccoglie le donne lì giunte in processione a chiedere aiuto e pietà ad un Dio di cui si prega l'ascolto :"Dio onnipotente ed eterno, che hai santificato nell'utero di tua madre il beato Giovanni Battista, e nel deserto hai voluto nutrirlo di erbe, di radici e di locuste silvestri, degnati di benedire questi rami, i fiori e le nuove biade, i frutti e le erbe che i popoli ......raccolgono, affinché .....siano una medicina per tutte le anime e per i corpi.Dio, che in principio hai creato tutte le cose con la Tua onnipotenza e ad esse hai assegnato una forza, degnati di benedire questo insieme di erbe e di fiori, affinché tutti quelli che li portano con sé o li conservano nelle loro case, siano liberati da ogni inganno diabolico.Dio onnipotente ed eterno, che ti sei degnato di nutrire nelle grotte del deserto il beato Giovanni Battista di locuste e di miele selvatico, degnati pure, Signore, di benedire e di santificare questi fiori oggi preparati in onore al Tuo nome, affinché a tutti quelli che li portano in mano o li conservano nelle loro abitazioni, siano di protezione per i corpi e per le loro anime e di medicina per tutte le malattie.Dio onnipotente ed eterno, creatore di tutte le cose per l'utilità del genere umano degnati di benedire e di santificare queste creature di erbe e di fiori, affinché tutti quelli che da esse ne abbiano presi alcuni e li abbiano portati con sé ricevano la guarigione tanto del corpo come dell'anima, e affinché per propria forza, e in onore di Tuo Figlio e Nostro Signore e in onore del beato Giovanni Battista siano nuovamente beati e santificati e abbiano potere contro le tenebre, le nubi e le malignità delle tempeste e contro le incursioni dei demoni ....."Ed ancora le donne si recano in processione, recando con loro i fiori da benedire.I fiori di San Giovanni, dunque : l'artemisia, l'arnica ; le bacche rosso fuoco del ribes ; la verbena, della quale è credenza diffusa che, colta a mezzanotte della vigilia di San Giovanni, costituisca un'infallibile protezione contro i fulmini, ed è conosciuta in Bretagna come "erba della croce", perché si ritiene che protegga chi la porta con sé da qualsiasi male ed anche come "erba della doppia vista" perché il berne un infuso facilita la visione di realtà altrimenti nascoste.E l'erica, la pianticella sottile.L'erica è un fiore delle nevi e dei terreni poveri ed ostili. Infatti, il suo nome deriva dal verbo greco "ereiko", spezzo, rompo, proprio perché l'erica è più forte della dura crosta di terra invernale o della neve che la ricopre, tant'è che la buca senza fatica, emergendo all'aria aperta. I fiori dell'erica, che vanno dal bianco alle varie tonalità di rosa, assomigliano, rovesciati, ai copricapi degli elfi.Della stessa famiglia dell'erica è un'altra pianticella, detta brugo (cognome assai diffuso nei paesi ai piedi delle nostre montagne, e davvero molto a Romagnano Sesia), da brucus, termine tardolatino di origine celtica, da cui deriva il termine brughiera, poiché in questa terra povera e arida la pianticella riesce a vivere meglio di altre, coprendo immense distese.L'erica, dal nome più romantico, era tenuta in grande considerazione fin dall'antichità, tanto da essere utilizzata per costruire le scope che sarebbero servite a pulire i templi degli Dei, e successivamente, in tempi più severi, il forno dove cuocere il pane.L'utilizzo dell'erica per costruire scope era così diffuso che, in alcune regioni, l'erica stessa viene chiamata scopa e ancora oggi, alcune località soprattutto della Toscana, dove l'erica ricopre a distesa campi e colline, vengono chiamate Scopeto, Poggio delle Scope, Pian di Sco'. Stessa origine dovrebbero avere i paesi di Scopa e Scopello, della nostra Valsesia.Le leggende associano spesso l'erica alle Entità Fatate, facendole dimorare fra i suoi rami e sconsigliando di sdraiarsi a dormire fra queste piantine, per non correre il rischio di essere rapiti dal mondo delle fate. Di contro, era possibile accedere ai segreti dell'Aldilà, semplicemente dormendo su un letto di erica, che è anche spesso giaciglio degli amanti in numerose leggende.E l'erica è posta a guardia del solstizio d'estate, periodo nel quale raggiunge la fioritura più completa. Usanza derivante probabilmente dal mondo celtico, dove l'erica è collegata sia all'Aldilà sia all'amore : le api, simbolo di saggezza segreta che proviene dall'Altromondo, sono particolarmente ghiotte dei fiori di questa piantina e producono così un miele squisito, da sempre legato a riti e significati di immortalità e di rinascita.E ancora, tipico della notte di San Giovanni, il raro, misterioso fiore della felce che cresce nella notte magica, e si dice fiorisca a mezzanotte. La storia relativa ai fiori magici è interessante, ed è frutto di credenze molto diffuse. In Boemia, ad esempio, si crede che il fiore della felce risplenda come l'oro, o come il fuoco, nella notte di San Giovanni : chiunque lo possieda in questa magica notte, e salga una montagna tenendolo in mano, scoprirà una vena d'oro, e vedrà brillare di fiamma azzurra i tesori della terra.In Russia, i contadini raccontano che chi riesce ad impadronirsi del meraviglioso fiore nella vigilia di San Giovanni, se lo getta in aria, lo vedrà ricadere per terra nel punto preciso dove è nascosto un tesoro. Pare che questo fiore fiorisca improvvisamente, talvolta, a mezzanotte precisa della magica notte del solstizio d'estate ; e, sempre in Russia si racconta che chi abbia la fortuna di cogliere l'istante di quella fioritura improvvisa, potrà nello stesso tempo assistere a tanti altri spettacoli meravigliosi : gli sarebbero apparsi tre soli, e una luce avrebbe illuminato a giorno la foresta, e avrebbe udito un coro di risa, ed una voce femminile chiamarlo. IL fortunato a cui accade tutto questo non deve spaventarsi : se riesce a conservare la calma, raggiungerà la conoscenza di tutto ciò che sta succedendo o succederà nel mondo. Anche se resta da vedere se quest'ultima sia una buona magia.Ma anche il seme della felce, che si vuole risplenda come oro nella notte di San Giovanni, non diversamente che dal magico fiore, farebbe scoprire i tesori nascosti nella terra : i contadini del Tirolo credono che alla vigilia di San Giovanni si possano veder brillare come fiamme i tesori nascosti e che il seme della felce raccolto in questa mistica notte possa portare alla superficie l'oro celato nelle viscere della terra. Nel cantone svizzero di Friburgo, il popolo usava un tempo vegliare vicino ad una felce la notte di San Giovanni, nella speranza di guadagnare il tesoro che qualche volta il diavolo in persona portava loro.Un altro fiore, questo facilmente rintracciabile e che appare d'oro anche ad occhio nudo, è legato nella memoria popolare al solstizio d'estate. La densità della sua fioritura è tale da risaltare sulle grandi distese, come una gran macchia di colore giallo oro misto a rame ; i fiori infatti, così numerosi e brillanti, durano poco, un giorno soltanto, e subito appassiscono e assumono un colore rosso ruggine. Si tratta dell'iperico, un fiore dei campi che è detto erba di San Giovanni, perché anticamente chi si trovava per strada la notte della vigilia, quando le streghe si recavano a frotte verso il luogo del convegno annuale, se ne proteggeva infilandoselo sotto la camicia insieme con altre erbe, dall'aglio, all'artemisia, alla ruta. IL suo stretto legame col Battista sarebbe testimoniato dai petali che, strofinati tra le dita, le macchiano di rosso perché contengono un succo detto per il suo colore "sangue di San Giovanni". E' davvero difficile risalire alla motivazione di questo accostamento - perché il Battista e non un altro martire ? - se non forse il fatto che l'iperico è un fiore che si accontenta di poco, per sopravvivere, e vive anche nei climi desertici, come fece un tempo Giovanni il Battista.Nelle leggende si parla anche di un 'erba piccolissima e sconosciuta, detta Erba dello Smarrimento. Si dice che essa venisse seminata dalle Fate e dai Folletti nei luoghi da loro frequentati e, calpestata, avrebbe allontanato dalla retta via il malcapitato. A questa leggenda si intreccia quella, di origine tedesca ma alquanto diffusa nel biellese, che, se taluno passa vicino alla magica fioritura della felce, nella notte di San Giovanni, senza raccogliere il seme che la pianta lascia cadere, sarà condannato a smarrirsi per via, anche se percorre strade a lui note. Altrettanto conosciuta era l'Erba Lucente, che consentiva, se portata sul corpo, di vedere la verità delle cose senza mascheramenti o inganni. Poiché quest'erba era invisibile agli uomini, ma non ai bovini domestici, la si poteva raccogliere solo seguendo un vitello al suo primo pascolo, oppure le mandrie, nella notte di San Giovanni. Si raccontava infatti che in quelle occasioni i bovini mangiassero solo quell'erba, dando così la possibilità a chi proprio lo desiderava di individuarla. Le vecchie storie non tramandano cosa accadesse agli incauti che ci riuscivano, cui da allora, conoscendo ogni verità, era negata la possibilità dell'illusione.Anche in Valsesia, come abbiamo già detto, ritroviamo l'usanza dei falò, del lavacro con la rugiada e della benedizione in chiesa del mazzo di erbe e di fiori. Conservate gelosamente in casa, portate all'alpeggio in estate - verso il quale da molti paesi si partiva la stesso giorno del 24 di giugno - le erbe benedette riconsacravano la baita di montagna lasciata l'anno prima mantenendo tra le famiglie dei pastori un legame con la sacralità della festa e del rito d'inizio d'estate. Al ritorno dall'alpe, quelle stesse erbe essiccate, unite ad un ramo di olivo e ad uno di ginepro, venivano bruciate nella stalla a protezione degli animali. Non a caso, dunque, il precursore di Cristo, rappresentato con l'Agnello mistico e vestito da eremita, pastore del deserto, fu assunto dai pastori come patrono privilegiato fino dai primi secoli cristiani.
da: web

martedì 29 giugno 2010

Croco

Il Linguaggio dei fiori
Scopri qual'è il fiore più adatto a descrivere
il sentimento che vuoi esprimere.
Già conosciuto ai tempi dei Greci,è un fiore diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, dall'Asia Minore all'Africa Settentrionale. Il suo nome deriva dal greco kroke, che vuol dire filamento, proprio a rappresentare i lunghi stimmi che caratterizzano il suo fiore. Omero descrive il talamo nuziale di Giove e Giunone ricoperto di tantissimi fiori tra cui il croco. Per questo motivo, uno dei significati attribuiti al fiore è quello della passione e dell'amore sensuale. Al tempo dei Romani, il croco veniva posto sulle tombe, in quanto considerato simbolo di speranza per la vita ultraterrena. Probabilmente, gli antichi conoscevano soltanto il croco da cui si ricava lo zafferano,con il quale preparavano anche filtri d'amore. Soltanto nell'età Vittoriana, al significato, in origine assegnato al fiore e cioè quello di amore appassionato, si iniziò ad affiancare quello di giovinezza spensierata.
e giovinezza spensierata

venerdì 25 giugno 2010

Fior di loto

Il Linguaggio dei fiori

Scopri qual'è il fiore più adatto a descrivere
il sentimento che vuoi esprimere
Presso gli Orientali il loto è espressione della perfezionee della purezza del sole, del cielo, della creazione, del passato, del presente e del futuro, ovvero, in una parola sola della vita stessa e di tutte le virtù ad essa, direttamente o indirettamente, riferibili. Per questo è considerato un fiore sacro, il fiore degli Dei. I Buddisti indiani rappresentano il seggio di Budda come forma allargata del fiore di loto. Nella Grecia antica era il simbolo della bellezza e dell'eloquenza.
In Italia cresce in zone temperate; a Mantova, sul lago Superiore, cresce grazie ad una giovane laureata in Scienze Naturali, che, circa 60 anni fa, decise di piantarne lì alcuni esemplari. Oggigiorno, il dono del fiore di loto è un gesto per dichiarare grande ammirazione.
da:web
Fior di loto = ammirazione

martedì 22 giugno 2010

Rosa Gallica



mercoledì 16 giugno 2010

Tulipano

e serri in un amplesso il verde stel
il simbolo sei tu di quell'amore
che incauto muta e il cor lascia nel gel?

Se tale, improvvida, ti fè natura, sei degno, misero,
delle danze lascive e del fragor
che nell'harem s'avviva, e dell'impura
schiava che inneggia quando sbocci, o fior.

E t'amo, e intesserti vorrei al serto che adorna il candido
fronte delle figlie dell'amor, dei re;
ma se cerca, il pensier, che sa il tuo merto,
trono più bello troverà per te.

Ti bacio, e trepido sul bianco sen de la mia vergine
con ansia arcana ti vorrei sposar;
ma se interrogo il cor mesto e sereno
bramo più santo e più lucente altar.

L'altar che illumina la madre mia con la sua immagine
irradiata da divin fulgor,
dove piango, ove prego e m'india
l'anima tutta in quell'immenso amor.

Eugenio Boselli


tulipano = onestà

martedì 15 giugno 2010

Agave

Il Linguaggio dei fiori


Scopriamo qual'è il fiore o la pianta più adatti a descrivere il sentimento che vogliamo esprimere.
Pianta succulenta originaria dell'America centro-meridionale, molto ben adattata ai climi mediterranei; è molto conoscitua soprattutto per la particolarità di fiorire un'unica volta, appena prima della morte. Infatti le piante adulte producono un lungo fusto cilindrico, che porta numerosi fiori campanulati, di medie dimensioni, dopo di che disseccano. Si possono utilizzare in grandi mazzi di fiori, più spesso si regala l'intera pianta. Questo fusto rigido ed imponente, con i numerosi fiori, prende il significato di sicurezza, che sia essa in amicizia, in amore o negli affari; un amato che riceve in dono un'agave può essere certo che l'amore è sicuro e fermo, fino al termine estremo.

Agave = amicizia

sabato 12 giugno 2010

Rosa Noisettiana

Ricordo d'amore

Quando nelle mie mani irrigidite
terrò serrato al petto il Crocifisso,
e gli occhi, fra le palpebre avvizzite,
immobili staranno a un punto fisso,
e il sudor freddo di mie membra smorte
t'annunzierà che son vicino a morte,
in quell'ora tristissima e suprema
deponimi sul funebre lenzuolo
di vaga Rosa un fior, come l'emblema
d'amor che vince la sventura e il duolo,
e pria che mi si meni al Camposanto,
bacia la Rosa e aspergila di pianto.

Non voglio né la Thea, né la Banksiana,
ma quella che rammenta il nostro amore;
pensa che fu una Rosa Noisettiana
che ti donai quando t'aspersi il core,
ed è quella Rosa, o Gilda cara,
che deve far men tetra la mia bara.

Poi quando la campana della sera
coi tocchi lenti per melanconia
ti chiamerà sul labbro la preghiera
ribacia ancor la Rosellina mia,
e vedrai, col pensiero, a te da lato
aleggiare il mio spirito innamorato.

Se un giorno, avvolta in lugubre mantello,
il colle a San Miniato ascenderai,
e lacrimosa sul deserto avello
con pia man quella Rosa deporrai,
vedrai il mio spirto trarre in ciel quel fiore
come il ricordo d'un eterno amore.
Pietro Gori

Rosa noisettiana = ricordo d'amore

venerdì 11 giugno 2010

Calycantus

Fiore del verno

Mentre ogni altro a lui vicino
langue e muore sotto il gelo,
solo un fior del mio giardino
si dischiude sullo stelo:
questo fior, caro a tanto,
l'han chiamato Calicanto.

Ne' dì lieti quando il sole
vita suscita e colori,
e s'allegrano le ajuole
nel profumo de' lor fiori,
al tepor che lo feconda
ei non dà che qualche fronda.

Ma al redir del verno, allora...
Oh, miracolo gentile!
Cade il verde, ed ei s'infiora
quasi fosse nell'aprile;
or chi piange l'altra spoglia
s'ei dà un fior per ogni foglia?

Non hai d'uopo di cultura,
non t'offende il gelo, il vento:
qual chi trae dalla sventura
e la vita e l'alimento,
tu così, sui rami ignudi
sotto il vento e il gel ti schiudi.

La tua tinta gialla e nera
è pur squallida, è pur mesta;
mi ricorda una bandiera
troppo agl'itali funesta...
Ma poiché sì dolce odori,
io perdono a' tuoi colori.

Mi ha narrato ch'ogni fiore
un'istoria in sé racchiude
di speranza o di dolore
di vendetta o di virtude;
e la musa d'un cortese
già più d'una me n'apprese.

Ma del fior devoto al verno
è l'istoria a me un arcano;
ne' suoi stami non la scerno;
nello stel la cerco invano;
la richiedo a lui talvolta,
ma non parla e non m'ascolta.

Perché in mezzo al gel s'infiora?
Perché forte è mesto è tanto?
Dove nacque, e come odora?
Perché il chiaman Calicanto?
Chi narrarmelo saprà
de' suoi fior un serto avrà.

Erminia Fuà-Fusinato
Calycantus
aiuta ad aiutare le sfide della vita,
porta luce nei momenti bui dell’esistenza
quando ci si sente soli e abbandonati da tutti,
protegge dalle energie negative

venerdì 4 giugno 2010

Girasole

Il Linguaggio dei fiori

Scopriamo qual'è il fiore o la pianta più adatti a descrivere il sentimento che vogliamo esprimere
Il girasole è un fiore che ha origini antiche: nell’America settentrionale sono stati trovati resti di questo fiore che risalgono a tremila anni prima di Cristo. Gli Indiani d’America lo consideravano una pianta sacra in quanto consentiva all’uomo di farne molteplici usi. In Perù è l’emblema del Dio Sole. E’ dal Perù che il girasole venne per la prima volta importato in Europa.
Il girasole fu apprezzato dal Re Luigi XIV, il Re Sole e durante l’età vittoriana, in Gran Bretagna, venne disegnato su stoffe, inciso nel legno, forgiato nei metalli; Oscar Wilde volle il girasole come simbolo del movimento estetico che lui stesso aveva fondato.
In Italia, poeti come Eugenio Montale e Gabriele D’Annunzio hanno elogiato il girasole nei propri versi.
Nelle opere di Van Gogh la presenza del fiore è ricorrente.

girasole = allegria e orgoglio.
da: web

mercoledì 2 giugno 2010

Arancio

Il Linguaggio dei fiori



Scopriamo qual'è il fiore o la pianta più adatti a descrivere il sentimento che vogliamo esprimere


Il suo Paese d’origine è la Cina; sembra che, fin dal dodicesimo secolo, un carico di frutti partisse all’inizio di ogni annoda Pechino diretto ad uno dei templi di Foochow per celebrare sacrifici agli dei. L’offerta di arance il primo giorno dell’anno significava augurio di felicità, prosperità e abbondanza.
Nei paesi di religione cattolica, l’arancio assume un duplice valore: i frutti e i fiori da un lato sono considerati simbolo di purezza e generosità, dall’altro se associati alla Madonna diventano l’emblema del peccato originale.
Le streghe di tutta l’Europa indicavano l’arancio come il cuore delle loro vittime.
Risale ai tempi delle crociate l’usanza di impiegare i fiori d’arancio per addobbare gli abiti delle spose. I cavalieri orientali li regalavano il giorno delle nozze alla propria sposa; le tradizioni saracene attribuiscono ai fiori d’arancio valore di fecondità.
arancio = abbondanza e purezza
da: web