fiori che cadono
domenica 29 gennaio 2012
venerdì 27 gennaio 2012
martedì 24 gennaio 2012
Il giglio era già sfiorito - fiorella
Di sapone profumato
e ambra lenivi i dolori
di ortica e rovi medicavi
il respiro
le calze rosa di seta
erano per gli amori
crudeli
un salice piangente
bagnò il volto nel
mese del rosario
...il giglio sfiorito
graffiò l' anima
non so se mai ci sarà richiesta
di amnistia per te d'avanti a Dio
che di dolore semini.
@ tutti i diritti sono riservati
GIGLIO - Fascino
lunedì 23 gennaio 2012
giovedì 19 gennaio 2012
lunedì 16 gennaio 2012
domenica 15 gennaio 2012
"Ricevendo una corona d’alloro da Leigh Hunt"
alloro = gloria, Ambizione
sabato 14 gennaio 2012
venerdì 13 gennaio 2012
Dalla rosa di marmo alla rosa di ferro di Robert Desnos
La rosa di marmo immensa e bianca era sola sulla piazza deserta
dove le ombre si prolungavano all’infinito. E la rosa di marmo sola
sotto il sole e le stelle era la regina della solitudine. E senza
profumo la rosa di marmo sul suo stelo rigido in cima al piedistallo di
granito scintillava di tutti i flutti del cielo. La luna si fermava
pensosa nel suo gelido cuore e le dee dei giardini le dee
di marmo mettevano alla prova i loro freddi seni contro i suoi petali.
La rosa di vetro risuonava a tutti i rumori del litorale. Non c’era un
singhiozzo d’onda spezzata che non la facesse vibrare. Intorno al suo
fragile stelo e al suo cuore trasparente degli arcobaleni ruotavano insieme
agli astri. La pioggia scivolava in sfere delicate sulle sue foglie che
talvolta il vento faceva gemere con spavento dei ruscelli e delle lucciole.
La rosa di carbone era una fenice negra che la fiamma trasformava in
rosa di fuoco. Ma senza sosta estratta dai corridoi tenebrosi della miniera
dove i minatori la raccoglievano con rispetto per trasportarla alla luce
del giorno nella sua ganga d’antracite la rosa di carbone vegliava
alle porte del deserto.
La rosa di carta assorbente sanguinava talvolta al crepuscolo quando la sera
veniva a inginocchiarsi ai suoi piedi. La rosa di carta assorbente custode di tutti
i segreti e cattiva consigliera sanguinava un sangue più denso della schiuma
del mare e che non era il suo.
La rosa di nuvole appariva sulle città maledette nell’ora delle
eruzioni dei vulcani nell’ora degli incendi nell’ora delle sommosse e
al di sopra di Parigi quando la Comune mischiò alle sue vene iridate
il petrolio e l’odore della polvere da sparo. Essa fu bella il 21 gennaio bella
nel mese d’ottobre nel vento freddo delle steppe bella nel 1905 nell’ora
dei miracoli nell’ora dell’amore.
La rosa di legno presiedeva ai patiboli. Fioriva nel punto più alto
della ghigliottina poi dormiva nel muschio all’ombra immensa
dei funghi.
La rosa di ferro era stata forgiata per secoli da fabbri di lampi.
Ciascuna delle sue foglie era immensa come un cielo sconosciuto.
Al minimo urto essa rispondeva col rumore del tuono.
Ma com’era dolce alle innamorate disperate la rosa di ferro.
La rosa di marmo la rosa di vetro la rosa di carbone la rosa di carta
assorbente la rosa di nuvole la rosa di legno la rosa di ferro rifioriranno
sempre ma oggi si sono sfogliate sul tuo tappeto.
Chi sei tu? tu che schiacci sotto i tuoi piedi nudi i resti fuggevoli della rosa
di marmo della rosa di vetro della rosa di carbone della rosa di carta
assorbente della rosa di nuvole della rosa di legno della rosa di ferro.
dove le ombre si prolungavano all’infinito. E la rosa di marmo sola
sotto il sole e le stelle era la regina della solitudine. E senza
profumo la rosa di marmo sul suo stelo rigido in cima al piedistallo di
granito scintillava di tutti i flutti del cielo. La luna si fermava
pensosa nel suo gelido cuore e le dee dei giardini le dee
di marmo mettevano alla prova i loro freddi seni contro i suoi petali.
La rosa di vetro risuonava a tutti i rumori del litorale. Non c’era un
singhiozzo d’onda spezzata che non la facesse vibrare. Intorno al suo
fragile stelo e al suo cuore trasparente degli arcobaleni ruotavano insieme
agli astri. La pioggia scivolava in sfere delicate sulle sue foglie che
talvolta il vento faceva gemere con spavento dei ruscelli e delle lucciole.
La rosa di carbone era una fenice negra che la fiamma trasformava in
rosa di fuoco. Ma senza sosta estratta dai corridoi tenebrosi della miniera
dove i minatori la raccoglievano con rispetto per trasportarla alla luce
del giorno nella sua ganga d’antracite la rosa di carbone vegliava
alle porte del deserto.
La rosa di carta assorbente sanguinava talvolta al crepuscolo quando la sera
veniva a inginocchiarsi ai suoi piedi. La rosa di carta assorbente custode di tutti
i segreti e cattiva consigliera sanguinava un sangue più denso della schiuma
del mare e che non era il suo.
La rosa di nuvole appariva sulle città maledette nell’ora delle
eruzioni dei vulcani nell’ora degli incendi nell’ora delle sommosse e
al di sopra di Parigi quando la Comune mischiò alle sue vene iridate
il petrolio e l’odore della polvere da sparo. Essa fu bella il 21 gennaio bella
nel mese d’ottobre nel vento freddo delle steppe bella nel 1905 nell’ora
dei miracoli nell’ora dell’amore.
La rosa di legno presiedeva ai patiboli. Fioriva nel punto più alto
della ghigliottina poi dormiva nel muschio all’ombra immensa
dei funghi.
La rosa di ferro era stata forgiata per secoli da fabbri di lampi.
Ciascuna delle sue foglie era immensa come un cielo sconosciuto.
Al minimo urto essa rispondeva col rumore del tuono.
Ma com’era dolce alle innamorate disperate la rosa di ferro.
La rosa di marmo la rosa di vetro la rosa di carbone la rosa di carta
assorbente la rosa di nuvole la rosa di legno la rosa di ferro rifioriranno
sempre ma oggi si sono sfogliate sul tuo tappeto.
Chi sei tu? tu che schiacci sotto i tuoi piedi nudi i resti fuggevoli della rosa
di marmo della rosa di vetro della rosa di carbone della rosa di carta
assorbente della rosa di nuvole della rosa di legno della rosa di ferro.
giovedì 12 gennaio 2012
mercoledì 11 gennaio 2012
L'angelo del dopo-Natale - Don Angelo Saporiti
Ancora un poco e sarà già tempo di disfare il nostro presepe e di buttare via l'albero di Natale che abbiamo messo su all'inizio dell'avvento.
Solo qualche patacca qua le là o qualche luccichio d'argento ci ricorderanno i giorni di festa trascorsi.
Ogni angioletto, ogni luce dorata so che li ritroverò intatti al prossimo Natale.
C'è una cosa che però rimarrà con me e non metterò nello scatolone...
Quando l'anno scorso misi via il presepe e i cinque angioletti, tenni l'ultimo tra le mie mani...
"Tu resti", gli dissi, "ho bisogno di un po' della gioia di Natale per tutto questo nuovo anno".
"Hai avuto fortuna!" mi rispose.
"Come?" gli chiesi.
"Ehm, io sono l'unico angelo che può parlare...".
"È vero! Ma guarda un po'! Un angelo che parla? Non l'ho mai visto. Non può esistere!".
"Certo che può esistere. Succede soltanto quando qualcuno, dopo che il Natale è passato, vuole tenere con sé un angioletto, non per errore, ma perché desidera rivivere un po' della gioia di Natale, come succede adesso con te. Solo in questi casi noi angeli possiamo parlare. Ma capita abbastanza raramente... A proposito, mi chiamo Enrico".
Da allora Enrico è sulla libreria nella mia stanza.
Nelle sue mani regge stranamente un cestino della spazzatura. Abitualmente sta in silenzio, fermo al suo posto. Ma quando mi arrabbio per qualcosa, mi porge il suo cestino e mi dice: "Getta qua!".
Io getto dentro la mia rabbia. E la rabbia non c'è più. Qualche volta è un piccolo nervosismo, o un stress, altre volte è una preoccupazione, a volte un bisogno, altre volte un dolore o una ferita che io da solo non posso chiudere, né riparare...
Un giorno notai con più attenzione, che il cestino di Enrico era sempre vuoto.
Gli chiesi: "Scusa ma dove porti tutto quello che ci getto dentro?".
"Nel presepe", mi risponde.
"E c'è così tanto posto nel piccolo presepe?".
Enrico, sorrise.
"Stai attento: nel presepe c'è un bambino, che è ancora più piccolo dello stesso presepe. E il suo cuore è ancora più piccolo. Le tue difficoltà, non le metto proprio nel presepe, ma nel cuore del bambino. Capisci adesso?".
Stetti un po' a pensare.
"Questo che mi dici è veramente complicato da comprendere. Ma, nonostante ciò, sento che mi fa felice. Strano, vero?".
Enrico, aggrottò la fronte e poi aggiunse: "Non è per niente strano, ma è la gioia del Natale. Capisci?".
Avrei voluto chiedere ad Enrico molte cose. Ma lui mise il suo dito sulla sua bocca: "Pssst", mi fece in tono garbato. "Non parlare. Semplicemente, gioisci!".
Solo qualche patacca qua le là o qualche luccichio d'argento ci ricorderanno i giorni di festa trascorsi.
Ogni angioletto, ogni luce dorata so che li ritroverò intatti al prossimo Natale.
C'è una cosa che però rimarrà con me e non metterò nello scatolone...
Quando l'anno scorso misi via il presepe e i cinque angioletti, tenni l'ultimo tra le mie mani...
"Tu resti", gli dissi, "ho bisogno di un po' della gioia di Natale per tutto questo nuovo anno".
"Hai avuto fortuna!" mi rispose.
"Come?" gli chiesi.
"Ehm, io sono l'unico angelo che può parlare...".
"È vero! Ma guarda un po'! Un angelo che parla? Non l'ho mai visto. Non può esistere!".
"Certo che può esistere. Succede soltanto quando qualcuno, dopo che il Natale è passato, vuole tenere con sé un angioletto, non per errore, ma perché desidera rivivere un po' della gioia di Natale, come succede adesso con te. Solo in questi casi noi angeli possiamo parlare. Ma capita abbastanza raramente... A proposito, mi chiamo Enrico".
Da allora Enrico è sulla libreria nella mia stanza.
Nelle sue mani regge stranamente un cestino della spazzatura. Abitualmente sta in silenzio, fermo al suo posto. Ma quando mi arrabbio per qualcosa, mi porge il suo cestino e mi dice: "Getta qua!".
Io getto dentro la mia rabbia. E la rabbia non c'è più. Qualche volta è un piccolo nervosismo, o un stress, altre volte è una preoccupazione, a volte un bisogno, altre volte un dolore o una ferita che io da solo non posso chiudere, né riparare...
Un giorno notai con più attenzione, che il cestino di Enrico era sempre vuoto.
Gli chiesi: "Scusa ma dove porti tutto quello che ci getto dentro?".
"Nel presepe", mi risponde.
"E c'è così tanto posto nel piccolo presepe?".
Enrico, sorrise.
"Stai attento: nel presepe c'è un bambino, che è ancora più piccolo dello stesso presepe. E il suo cuore è ancora più piccolo. Le tue difficoltà, non le metto proprio nel presepe, ma nel cuore del bambino. Capisci adesso?".
Stetti un po' a pensare.
"Questo che mi dici è veramente complicato da comprendere. Ma, nonostante ciò, sento che mi fa felice. Strano, vero?".
Enrico, aggrottò la fronte e poi aggiunse: "Non è per niente strano, ma è la gioia del Natale. Capisci?".
Avrei voluto chiedere ad Enrico molte cose. Ma lui mise il suo dito sulla sua bocca: "Pssst", mi fece in tono garbato. "Non parlare. Semplicemente, gioisci!".
DANZA LENTA
Hai mai guardato i bambini in un
girotondo ?
O ascoltato il rumore della
pioggia
quando cade a terra?
O seguito mai lo svolazzare
irregolare di una farfalla ?
O osservato il sole allo
svanire della notte?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce.
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Percorri ogni giorno in volo ?
Quando dici "Come
stai?"
ascolti la risposta?
Quando la giornata è finita
ti stendi sul tuo letto
con centinaia di questioni successive
che ti passano per la testa ?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Hai mai detto a tuo figlio,
"lo faremo domani?"
senza notare nella fretta,
il suo dispiacere ?
Mai perso il contatto,
con una buona amicizia
che poi finita perché
tu non avevi mai avuto tempo
di chiamare e dire
"Ciao" ?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Quando corri cosi veloce
per giungere da qualche parte
ti perdi la metà del piacere di
andarci.
Quando ti preoccupi e corri tutto
il giorno, come un regalo mai
aperto . . .
gettato via.
La vita non è una corsa.
Prendila piano.
Ascolta la musica.
Anonimo
sabato 7 gennaio 2012
venerdì 6 gennaio 2012
domenica 1 gennaio 2012
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